• Cinque consigli pratici per le riprese in studio con Nikon D780

Un amante della fotografia di soggetti inanimati, come è chi scrive, non poteva non inserire tra gli articoli di cultura e tecnica fotografica di questo sito anche un “pezzo” dedicato alla ripresa in studio, per la precisione quella realizzata in luce continua.

Per tutti coloro che, in questo momento, iniziano giustamente a sbuffare pensando a mille e mille tutorial sulla “sala di posa” incontrati in Rete o sui sempre più rari testi cartacei, mi affretto a precisare che questi brevi cenni saranno proposti sotto una luce che spero del tutto nuova e originale: molto di nicchia, sicuramente poveri di riferimenti tecnici (che mi sono generalmente oscuri) e probabilmente anche un po’ paraculi, considerando che prenderò a misura dei miei consigli la Nikon D780 e quanto le faccio girare intorno per farla funzionare (appunto) in quello che pomposamente definisco qui “studio”.

Cominciamo, intanto, a fare un rapido ritratto proprio della D780, un apparecchio del quale mi sono innamorato per la sua versatilità e per la sua “modernità classicheggiante”.

L’intenzione di Nikon, in fase di progettazione, è stata certamente quella di coniugare, in un apparecchio che mettesse d’accordo sia i professionisti che gli amatori evoluti, le caratteristiche migliori delle macchine mirrorless con quelle delle DSLR (questo, soprattutto, per la gioia degli estimatori, come il sottoscritto, del suono “Ta-Clack” dello specchio).

In questo senso, semplificando, si può dire che la D780 è il frutto dell’ibridazione tra la Z6 e la D750. Il risultato è un apparecchio con sensore Full Frame da 24,5 Megapixel retroilluminato con processore d’immagine EXPEED 6 (identico a quello delle Nikon Z6 e Z7), relativamente leggero (840g: lo specchio ed i meccanismi ad esso collegati, ovviamente, hanno un peso) e caratterizzato dal sistema Hybrid AF che copre il 90% del frame su 273 punti di messa a fuoco.

È dotata di un sistema AF ibrido veloce e dedicato per le riprese Live View e di un sistema AF a rilevazione di fase rapido e affidabile per le riprese con il mirino. In Live View, il preciso sistema AF offre 273 punti sul sensore e l’Eye-Detection è capace di tracciare anche più occhi contemporaneamente.

L’apparecchio, di sistema, monta una batteria EN-EL 15c (pur accettando anche le versioni EN-EL precedenti) con la quale è in grado di effettuare circa 2260 scatti, una durata a dir poco eccezionale. Tornando alle caratteristiche di ispirazione mirrorless, inoltre, la batteria (solo in versione b e c) è ricaricabile direttamente in macchina tramite la connessione USB-C.

Ultima ma non trascurabile caratteristica è il prezzo, che, per un apparecchio collocato nella fascia professionale, è abbastanza abbordabile, specialmente se acquistato nel kit che attualmente comprende l’obiettivo AF-S NIKKOR 24-120mm f/4G ED VR.

In chiusura di questo rapido excursus, mi piace anche sottolineare come, secondo esperti e utilizzatori avanzati, la D780 sia in grado di produrre la maggior parte delle volte un file .jpeg “pronto all’uso”, cioè spendibile in tempo reale anche senza interventi di post-produzione.

Chiusa la doverosa presentazione del marchingegno, veniamo ai cinque consigli per usare la nostra D780 (ma, con un po’ di applicazione, vale anche per le altre fotocamere) nelle foto in studio, consigli – com’è nel mio stile (https://www.raffaelecorte.com/category/tecnica-fotografica/) – non propriamente tecnici, ma piuttosto pratici e di buon senso:

  1. Un cavalletto adeguato all’ottica montata
  2. Disattivare il VR
  3. Attenzione a dove si mettono i piedi
  4. Scatto remoto
  5. Batteria fittizia
  • UN CAVALLETTO ADEGUATO ALL’OTTICA MONTATA

Come già detto, il peso della D780 è di circa 840 grammi e a questo deve essere sommato il peso dell’obiettivo. Personalmente, uso in genere l’ottimo 24-120mm del kit o, più raramente e a seconda del soggetto, un AF-P 70-300mm f/4.5-5.6E ED VR, entrambi pesanti circa 760 grammi.

Non ci vuole molto a comprendere che per sorreggere e mantenere ben stabile più di un chilo e mezzo di apparecchiatura non potremo accontentarci di un treppiede da passeggio, considerando che anche la lunghezza degli obiettivi non può che contribuire ad uno sbilanciamento della macchina.

È quindi fortemente consigliato l’uso di un treppiede di buona qualità e robustezza, utilizzato, per quanto possibile, senza arrivare ad estendere il segmento più sottile delle zampe (manteniamoci bassi…) e dotato di una ottima testa con viti di serraggio perfettamente efficienti per bloccare ogni direzione di movimento. Per assicurare la massima stabilità è opportuno posizionare il cavalletto in modo che una delle sue zampe sia posizionata nella stessa direzione della linea dell’obiettivo, sotto di esso.

Certo, un cavalletto nuovo che si rispetti, di norma, non è precisamente regalato, ma i risultati valgono la spesa. Personalmente uso un Manfrotto (ormai datato) 190XPROB dotato di testa – sempre Manfrotto – 804RC2, ancora validissimo e reperibile sul mercato dell’usato con una spesa che si aggira intorno a € 150,00.

  • DISATTIVARE IL VR

Quando la fotocamera è sul cavalletto, impostare l’interruttore ON/OFF di riduzione vibrazioni su OFF. Tuttavia, si consiglia di impostare il selettore su ON quando si utilizza la fotocamera su un cavalletto con testa non fissata o con un monopiede”.

Così recita il manuale d’uso dello zoom 24-120mm (e anche degli altri).

In considerazione del tema che stiamo affrontando, provvederemo, quindi, a disattivare il Vibration Reduction, anche se è difficile capirne i motivi, così come è difficile capire compiutamente la tecnologia che regola il VR.

Fermo restando che, in definitiva, le possibili differenze tra i risultati ottenuti con o senza attivazione del VR con macchina fissata su treppiede sono veramente ascrivibili alla sfera della perfezione maniacale, si può tentare una rapida quanto parziale spiegazione, senza pretese di esaustività e, soprattutto, considerando che se il produttore ci consiglia di disattivare il VR usando il cavalletto, non c’è motivo per non farlo!

L’obiettivo è dotato da giroscopi che permettono di calcolarne gli eventuali movimenti spaziali. Un processore all’interno della fotocamera elabora i dati forniti dall’obiettivo e comanda in tempo reale ad un motore al suo interno il decentramento di un gruppo di lenti nella direzione opposta alle vibrazioni che sta subendo. In questo modo si riescono a compensare i movimenti dell’ottica (e a prolungare i tempi fino a quattro stop).

Il sistema di Nikon fa in modo che, un attimo prima dello scatto, il gruppo ottico basculante si riposizioni in asse per evitare spostamenti estremi che possono limitare la qualità dell’immagine, ma data la possibilità di vibrazioni inaspettate, magari a causa di un insufficiente serraggio della macchina al cavalletto, esiste il rischio di immagini deteriorate da una loro non corretta interpretazione da parte del sistema.

In definitiva, seppure – come già detto – l’eventuale deterioramento dell’immagine risulterà molto poco percettibile, con la macchina sul cavalletto sarà bene disinserire il VR, tanto più che questo influisce anche sul consumo di energia fornito dalla fotocamera (ma a questo problema si darà soluzione più avanti).

  • ATTENZIONE A DOVE SI METTONO I PIEDI

È questo un suggerimento che, apparentemente inutile se non addirittura stupido, mi sento di dare per esperienza personale.

Le zampe del cavalletto sono infide, anche in considerazione della loro posizione e dell’angolo che assumono rispetto all’apparecchio fotografico.

Conosco perfettamente, per esserci passato, lo stato di frustrazione a cui può portare, dopo un tempo infinito passato a coniugare la posizione della fotocamera con quella dei vari oggetti/soggetti della nostra foto al fine di ottenere l’inquadratura perfetta, il muoversi maldestramente colpendo con un calcio una delle zampe del treppiede e costringendoci a ricominciare tutto daccapo.

Quindi, fidatevi: fate attenzione a dove mettete i piedi!

  • SCATTO REMOTO

Tornando seri e rimanendo nell’ambito del problema principale legato alle riprese con tempi lunghi (ricordo che stiamo ipotizzando il lavoro con luce continua), è necessario porsi il problema di non toccare la nostra D780 per azionare lo scatto.

Una soluzione, per così dire, “integrata” nella fotocamera e certamente economica è rappresentata dall’autoscatto a tempo, che una volta impostato fa sì che, premuto il pulsante di scatto, la macchina abbia il tempo di “stabilizzarsi” prima dell’effettiva attivazione dell’otturatore.

Questa soluzione implica però due problemi. Innanzitutto, maneggiare il pulsante di scatto può determinare lo spostamento della fotocamera e quindi dell’inquadratura faticosamente impostata (specialmente se i serraggi della testa del cavalletto non sono perfetti o se abbiamo una mano un po’ troppo pesante). In secondo luogo, ho sempre trovato particolarmente noiosa l’attesa tra lo scatto e la partenza dell’otturatore (seppure regolabile, non avrebbe comunque senso impostare un tempo inferiore a cinque secondi).

Un’alternativa più “pulita” e professionale è rappresentata ovviamente dall’uso dello scatto a distanza MC-DC2, unico prodotto Nikon compatibile con la D780 per questo utilizzo.

Nel momento in cui scrivo è in vendita ad € 32,90 sul sito Nikonstore. Il prezzo non è particolarmente esoso ed ha il vantaggio di essere alimentato direttamente dalla batteria della fotocamera alla quale si connette tramite il terminale accessori posto sul suo fianco. Un grosso problema, a mio giudizio, risiede però nel collegamento tramite cavo, che lo rende decisamente scomodo.

Le parti del telecomando, il collegamento del ricevitore ed il sistema completo

Per quanto mi riguarda, quindi, ho optato per una soluzione wireless: il Pixel RW221-DC2. Si tratta di un telecomando in due parti, un trasmettitore con i comandi ed un ricevitore. Quest’ultimo (dopo aver provveduto alla semplice configurazione che permette di “dialogare” col trasmettitore) deve essere fissato alla slitta della fotocamera e collegato tramite terminale accessori. Nel momento in cui scrivo è in vendita a € 31,99 su Amazon. Possiede svariate opzioni di ripresa (singola, multipla, Bulb, temporizzatore), è comodo e leggero, ma richiede l’uso di due batterie AAA sia nel trasmettitore che nel ricevitore.

  • BATTERIA FITTIZIA

E per finire, affrontiamo il problema energetico.

Come già detto, la D780 munita della sua batteria EN-EL 15c consente un notevolissimo numero di scatti in condizioni “standard”. Malgrado questo, però, bisogna considerare che le riprese in studio richiedono lunghi periodi di preparazione del soggetto e di controllo dell’inquadratura, che nel nostro caso avverrà quasi certamente in Live View, cioè con lo schermo acceso. Inoltre, soprattutto se non avremo avuto l’accortezza di prenderne almeno una di riserva, potrebbe accadere di dover avere sotto mano una batteria carica da utilizzare, in contemporanea alla seduta di ripresa in studio, anche “in esterna” o per altri motivi. È bene precisare che non è possibile caricare la batteria direttamente in macchina quando questa è accesa, quindi questa opzione non è percorribile.

Non resta che affidarci alla “batteria fittizia”, un accessorio che ha la stessa forma della batteria vera e che, come questa, dovrà essere inserita nell’apposito alloggiamento. Da qui uscirà un cavo che dovrà essere collegato ad un trasformatore, a sua volta allacciato ad una presa elettrica.

Nikon propone questa soluzione in due parti: la batteria fittizia (o “dummy”) EP-5B, attualmente al costo di € 44.00, più il trasformatore CA EH-5D a € 110,00.

La batteria “dummy” con l’alimentatore, il “dummy” inserito nel vano batteria e il “codino” da collegare all’alimentatore

Malgrado tutto il bene che voglio a Nikon, personalmente ho preferito optare per una soluzione compatibile assai più economica, il Subtel EH-5 + EP-5B con DC Coupler accu, che, in unica soluzione, costa attualmente € 55,14. È dotato di un cavo di collegamento tra fotocamera ed alimentatore di 2,3 metri (ai quali bisogna aggiungere la lunghezza del cavo di collegamento alla rete) che ne rende molto flessibile la gestione, consentendo la massima libertà nei movimenti.

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I miei piccoli consigli per la ripresa in studio terminano qui. Spero di avere mantenuto la promessa di non essere ripetitivo e noioso, come spero anche di non aver diffuso troppe sciocchezze e di aver dato briciole di suggerimenti utili.

Come al solito, la mia raccomandazione è quella di imparare l’arte per metterla da parte, sfruttando invece la nostra intelligenza alla ricerca di soluzioni di buon senso, sia tecnico che estetico e (perché no?) economico, senza dimenticare mai che (citando Mark Twain) “Non potete fare affidamento sui vostri occhi se la vostra immaginazione è fuori fuoco”.

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